Funzionario chiave di Trump sotto accusa per legami con il Cremlino
Il sottosegretario ad interim Darren Beattie ha smantellato l’agenzia anti-disinformazione russa mentre sua moglie ha legami diretti con una figura vicina a Putin. Dubbi sui controlli di sicurezza e timori per la gestione di materiale classificato.

Darren Beattie, nominato a febbraio come sottosegretario ad interim per la diplomazia pubblica e gli affari pubblici, è finito al centro di una crescente controversia all’interno del Dipartimento di Stato. Secondo un’inchiesta del Telegraph, Beattie ha lavorato attivamente per smantellare l’unità del governo statunitense incaricata di contrastare la disinformazione russa, mentre sua moglie è legata a una figura di spicco della politica russa vicina al Cremlino.
Beattie, già parte della prima amministrazione Trump e licenziato nel 2018 per aver partecipato a una conferenza nazionalista bianca, è noto per le sue posizioni fortemente filo-russe e anti-occidentali. Dopo essere riemerso come figura mediatica della destra radicale attraverso la testata Revolver, ha fatto ritorno nel governo all’inizio del 2025 con un mandato che, di fatto, ha portato alla distruzione del Counter Foreign Information Manipulation and Interference hub (R/Fimi), l’agenzia americana dedicata al contrasto della propaganda estera.
Le rivelazioni del Telegraph hanno evidenziato come Beattie sia sposato dal 2021 con Yulia Kirillova, una cittadina russa cresciuta a Mosca e poi trasferitasi in Canada e negli Stati Uniti. Kirillova è nipote di Sergei Chernikov, un magnate russo del settore delle bevande che ha ricoperto incarichi ufficiali nella politica russa, incluso un ruolo nel ministero delle risorse naturali e come vice governatore della regione di Nenets, in Siberia. Chernikov, secondo quanto riportato, avrebbe ricevuto una lettera di ringraziamento da Vladimir Putin per il suo sostegno alla prima campagna presidenziale del leader russo. Inoltre, ha fatto parte della camera civica russa – un organo istituito su proposta dello stesso Putin e considerato da diversi osservatori un mezzo per rafforzare il controllo del Cremlino sulle istituzioni.
Nel corso degli anni, Beattie ha pubblicato numerosi post sui social media che elogiano apertamente la Russia e la Cina, mentre attaccano duramente gli Stati Uniti e i suoi alleati. In un post dell’ottobre 2021, ha scritto che l’ascesa di concorrenti “non-woke” (la Cina) e “anti-woke” (la Russia) all’“Impero Americano Globalista” non rappresenta un fatto negativo. In un altro messaggio ha affermato che la NATO costituisce una minaccia più grave alla libertà americana di quanto non lo sia Putin. Ha anche dichiarato che “quasi ogni istituzione occidentale migliorerebbe in qualità se fosse direttamente infiltrata e controllata da Putin”.
Particolarmente ostili sono anche i suoi giudizi sulla Gran Bretagna, definita una “fossa dei liquami” e una “distopia ripugnante”, sostenendo che i bianchi nel Regno Unito sarebbero trattati peggio degli uiguri nei campi di detenzione cinesi. Altri post hanno suggerito che gli Stati Uniti dovrebbero “cedere Taiwan a Pechino” e definito la Gran Bretagna “patetica” e meritevole di essere “sotto il dominio cinese”.
Beattie ha anche abbracciato le teorie della cospirazione promosse da Russia e Cina, secondo cui gli Stati Uniti orchestrerebbero “rivoluzioni colorate” nel mondo come pretesto per destabilizzare governi ostili. Ha accusato Washington di essere responsabile di operazioni simili in Ucraina, Hong Kong, Xinjiang e Myanmar, e ha definito una “brigata di rivoluzione colorata” americana la forza trainante di una “guerra eterna in Ucraina”.
Queste posizioni hanno provocato allarme tra i funzionari del Dipartimento di Stato, in particolare alla luce della distruzione di R/Fimi, l’agenzia che tracciava e contrastava la propaganda di Stati come Russia, Cina e Iran. Nonostante disponesse di un budget relativamente modesto (circa 50 milioni di dollari), l’agenzia rappresentava un pilastro delle difese informative statunitensi. Secondo le fonti interne, Beattie ha concentrato sforzi significativi nello smantellamento progressivo dell’unità, licenziando contractor, limitando le comunicazioni interne e interrompendo ogni coordinamento con partner esterni. La chiusura ufficiale è arrivata a metà aprile.
Pochi giorni dopo, il segretario di Stato Marco Rubio ha confermato che Beattie aveva svolto un ruolo centrale nella chiusura dell’agenzia. Nel frattempo, lo stesso Beattie avrebbe chiesto accesso a registri interni dell’agenzia, incluse comunicazioni con giornalisti che si occupano di disinformazione estera e riferimenti al presidente Trump e ai suoi alleati. Secondo un funzionario, tale operazione ha assunto le caratteristiche di una “caccia alle streghe”.
Le preoccupazioni riguardano anche la gestione del materiale classificato. Fonti del Dipartimento di Stato hanno riferito che Beattie ha mostrato un interesse particolare per documenti riservati sulla Russia, sollevando interrogativi sull’opportunità di affidargli informazioni sensibili. Non è chiaro se abbia superato un regolare controllo di sicurezza, il cui processo standard può durare da alcuni mesi a oltre un anno. Trump, nel suo primo giorno di nuovo insediamento, aveva autorizzato unilateralmente l’accesso a informazioni top-secret per alcuni membri del suo staff, citando un arretrato nelle procedure di controllo.
Il caso solleva anche interrogativi sul processo di nomina. Beattie ricopre attualmente un incarico ad interim e, per restare in carica oltre i 210 giorni previsti, dovrà essere confermato dal Senato. Secondo fonti vicine alla Casa Bianca, è possibile che venga ricollocato in una posizione permanente che non richieda l’approvazione dei senatori.
Il Dipartimento di Stato ha cercato di minimizzare la portata delle accuse. Un alto funzionario ha dichiarato: “Nessuno in America si preoccupa di una rubrica di gossip britannica. Queste sono tutte notizie false e basse anche per gli standard dei tabloid. Darren è un collega tremendo che è impegnato a far avanzare l’agenda America First del presidente Trump”. Beattie, da parte sua, ha definito le accuse “spazzatura diffamatoria malevola”.