Democratici USA: casse vuote e fiducia in crisi dopo la vittoria di Trump
La base dei donatori abbandona il Partito tra frustrazione e mancanza di visione strategica. "Il nostro partito è terribilmente debole", afferma un importante donatore.

La recente vittoria elettorale del presidente Donald Trump ha lasciato il Partito Democratico in una profonda crisi non solo politica ma anche finanziaria, afferma The Hill in una sua analisi.
Mentre i leader democratici tentano di ricostruire l'identità del partito dopo la débâcle di novembre, si trovano ad affrontare però anche un altro problema critico e più immediato: i donatori, sia grandi che piccoli, stanno chiudendo i cordoni della borsa.
Donatori arrabbiati e disillusi
"Sarò franco: il Partito Democratico è un brand terribile. In maniera chiara e semplice".
Così ha dichiarato un importante donatore democratico, esprimendo un sentimento sempre più diffuso nella comunità dei finanziatori democratici.
Un secondo donatore ha aggiunto con tono altrettanto duro:
"Vogliono che spendiamo soldi per far cosa? Non c'è nessun messaggio, nessuna organizzazione, nessuna visione per il futuro".
La riluttanza a proseguire il sostegno economico al partito è in gran parte dovuta alla delusione per il modo in cui è stata condotta la campagna elettorale del 2024.
Molti donatori ritengono, infatti, a buon motivo, di essere stati ingannati, prima dalla campagna per la rielezione dell'ex presidente Biden e poi dalla strategia adottata dall'ex vicepresidente Kamala Harris come candidata sostitutiva.
Un ciclo elettorale senza precedenti
Il malcontento tra i finanziatori democratici affonda le radici nel dibattito presidenziale di fine giugno, quando Biden mostrò evidenti difficoltà, alimentando i timori sulla sua età avanzata.
Nonostante le preoccupazioni a suo tempo espresse apertamente agli assistenti della campagna, i donatori hanno ora la percezione che il team di Biden ha continuato a tenerli all'oscuro della reale situazione.
Anche quando Harris ha preso il suo posto come candidata democratica, i donatori hanno riversato ingenti somme di denaro in quella che, a loro avviso, si è rivelata come una campagna elettorale con una strategia superata.
Il risultato è stato una sconfitta che ha fatto precipitare il morale dei democratici a livelli bassissimi.
Fiducia ai minimi storici
Steve Schale, stratega democratico che ha diretto il super PAC pro-Biden "Unite the Country", ha attribuito parte della riluttanza dei donatori alla stanchezza, fenomeno che secondo lui si verifica dopo ogni elezione.
Tuttavia, ha riconosciuto che "c'è una genuina frustrazione".
"Ho parlato con numerosi donatori che, dopo il 2024, non hanno più molta fiducia e vogliono vedere come i democratici intendano affrontare in modo diverso le questioni politiche".
Pur precisando che i donatori stanno ancora accettando telefonate, ha evidenziato che "stanno facendo domande più difficili, il che penso sia una cosa positiva".
"Francamente, molti donatori con cui ho parlato non pensano che la loro voce abbia avuto importanza nel 2024, quindi stavolta ho dovuto più ascoltare che fare conversazione".
Incertezza sulla direzione futura
Douglas Wilson, consulente politico della North Carolina che ha lavorato alla raccolta fondi per le campagne democratiche, ha dichiarato che i donatori sono "semi indecisi" se contribuire nuovamente con la stessa generosità del passato.
Wilson sostiene che alcuni finanziatori non ritengono che i leader democratici al Campidoglio stiano "combattendo abbastanza duramente" per approvare riforme di più ampia portata.
"Tutto questo sta avendo un effetto a cascata", ha commentato Wilson.
"I donatori della base vogliono vedere più combattività e meno messaggi di testo che chiedono altri contributi".
Un altro stratega veterano di campagne elettorali, che lavora a stretto contatto con il Comitato Nazionale Democratico (DNC) ha indicato che, tra i donatori, c'è un'incertezza generale sulla direzione che il Partito deve intraprendere per tornare a vincere.
Il problema è che si tratta di un cane che si morde la coda: i grandi donatori sono meno propensi a contribuire quando non sono sicuri che ci sia un piano di successo.
Altri hanno, invece, affermato di non credere che i democratici possano vincere contro candidati in stile Trump, quindi per ora stanno attendendo.
"Le persone stanno dicendo: 'cosa rappresenta per me il Partito Democratico come investimento?' Sto sentendo dai membri del DNC che non credono davvero nella nostra posizione attuale. Non credono che possiamo contrastare Trump, quindi perché continuare a perdere soldi?"
Possibili soluzioni
Alcuni osservatori suggeriscono che i democratici debbano fare meno affidamento sui grandi donatori e più sulle piccole donazioni per avere credibilità presso gli elettori che stanno cercando di conquistare per tornare al potere.
La classe lavoratrice, che molti dicono di dover corteggiare, ha mostrato avversione per le donazioni delle grandi corporation, ed anche alcuni esponenti moderati hanno suggerito che il modello delle piccole donazioni reso popolare dal senatore Bernie Sanders nel 2016 potrebbe essere la strada migliore per il prossimo ciclo elettorale.
"Se le aziende e i grandi donatori stanno ora respingendo il partito, dove altro possiamo andare a cercare denaro se non alla maniera di Bernie Sanders?"
Schale ha previsto che il futuro della raccolta fondi avrà un aspetto diverso rispetto agli ultimi cicli. Non si tratterà tanto di "un momento in cui il rubinetto si apre per il DNC o per un super PAC scelto", ha spiegato.
"Credo che vedremo più gruppi raccogliere numeri più piccoli, mentre i donatori cercheranno di diversificare i propri investimenti. Penso che questo sia salutare, come abbiamo imparato nel 2020 quando molti gruppi erano sul tavolo".
Verso le midterm 2026
Jamal Simmons, stratega democratico, ha affermato che i donatori torneranno al partito in modo organico solo quando capiranno che Trump è sempre più ostile ai valori progressisti.
Per ora, tuttavia, i donatori stanno ancora affrontando le conseguenze di una campagna emotiva e tumultuosa.
"Per molti democratici, è come se avessimo avuto una delusione amorosa e un modo per affrontarla è rannicchiarsi sul divano e mangiare gelato".
Con l'avvicinarsi del ciclo elettorale del 2026, Simmons prevede però che i donatori si riuniranno nuovamente al partito.
"I democratici amano essere ispirati, quindi avere candidati più stimolanti renderà tutto più facile".