Crescono i timori degli investitori per l’economia USA

Debole crescita, occupazione in calo, inflazione persistente e pressioni sulla Fed mettono in discussione la direzione economica della presidenza Trump

Crescono i timori degli investitori per l’economia USA
White House

Nei primi mesi del secondo mandato del presidente Donald Trump, l’economia statunitense sembrava reggere l’urto delle nuove politiche su commercio e immigrazione. Ma nel giro di 72 ore, quell’apparente stabilità ha lasciato il posto a un quadro segnato da rallentamento, incertezza e tensioni istituzionali.

Il rapporto sull’occupazione pubblicato venerdì ha mostrato un mercato del lavoro più fragile del previsto. A luglio sono stati creati soltanto 73.000 posti di lavoro, mentre le stime precedenti per maggio e giugno sono state riviste al ribasso di 258.000 unità. Il totale degli ultimi tre mesi si attesta quindi a 106.000 nuovi posti, contro i 368.000 dello stesso periodo del 2024. L’economia, nel primo semestre dell’anno, è cresciuta a un tasso annualizzato dell’1,2%, rispetto al 2,4% dell’ultimo trimestre del 2024. La reazione dei mercati è stata immediata: l’indice S&P 500 ha perso il 2,5% in una settimana.

A generare ulteriore allarme è stata la risposta di Trump al dato sull’occupazione. Il presidente ha ordinato il licenziamento della direttrice del Bureau of Labor Statistics (BLS), Erika McEntarfer, accusandola — senza prove — di aver manipolato i dati per danneggiarlo politicamente. McEntarfer, economista con una lunga esperienza, era alla guida dell’agenzia dal gennaio 2024. La decisione ha suscitato reazioni critiche anche da figure vicine a Trump. William Beach, nominato dallo stesso presidente nel 2017 alla guida del BLS, ha definito il licenziamento “del tutto infondato”.

Heidi Shierholz, ex capo economista del Dipartimento del Lavoro, ha parlato di una mossa “presa direttamente dal manuale di un regime autocratico”. Secondo Shierholz, minare la credibilità dei dati pubblici rende impossibili decisioni economiche informate: “È come guidare un’auto bendati”.

Accanto alla gestione politicizzata del BLS, Trump ha rinnovato le sue pressioni sulla Federal Reserve. Dopo aver alternato elogi e critiche al presidente Jerome Powell, venerdì il presidente ha pubblicato un post in cui lo ha definito “un testardo IDIOTA” e ha chiesto “un drastico taglio dei tassi, SUBITO”. Solo una settimana prima lo aveva descritto come “un brav’uomo”. Trump ha più volte lasciato intendere di voler rimuovere Powell per non aver abbassato i tassi, sebbene ciò rappresenterebbe un’azione quasi senza precedenti.

Nello stesso giorno, Adriana Kugler, nominata nel 2023 da Joe Biden nel consiglio dei governatori della Fed, ha annunciato le dimissioni. Il suo mandato sarebbe scaduto a gennaio, ma ha deciso di tornare a insegnare alla Georgetown University. La sua uscita anticipata apre la strada a una nuova nomina da parte di Trump, che potrebbe così rafforzare il proprio controllo sull’istituzione.

L’insieme di questi episodi ha alimentato le preoccupazioni degli investitori. L’andamento del mercato suggerisce che esista ormai una probabilità superiore all’80% che la Fed decida un taglio dei tassi nella prossima riunione di settembre, secondo i dati della CME Group.

La visione di Trump sul ruolo del governo nell’economia resta ambiziosa e centralizzante. Dopo aver promesso di “liberare le imprese dai vincoli di Washington”, il presidente è oggi il principale fattore d’incertezza per un’economia da 30.000 miliardi di dollari. Come osserva Eric Winograd, vicepresidente senior di AllianceBernstein, “Trump ha ereditato un’economia in equilibrio e sta cercando di portarla verso un nuovo assetto. Il settore privato è in fase di adattamento”.

Tale adattamento, però, si sta rivelando doloroso. L’incertezza sulla politica commerciale — in particolare l’aumento dei dazi, ai massimi dagli anni Trenta — sta bloccando le decisioni aziendali, soprattutto in materia di assunzioni. Secondo Kathy Bostjancic, capo economista di Nationwide, negli ultimi tre mesi l’unico settore a registrare assunzioni consistenti è stato quello della sanità e assistenza sociale, mentre il resto del settore privato ha perso 49.000 posti di lavoro. “È l’incertezza il vero nemico”, ha detto Bostjancic. “Paralizza le aziende, che non sanno come muoversi.”

Craig Batory, proprietario di una torrefazione a Detroit, ha dovuto congelare piani di assunzione e sviluppo. Gran parte del suo caffè proviene dal Brasile, e presto sarà soggetto a un dazio del 50%. “Tutti i fondi destinati a nuovi assunti, test di prodotto e bonus di fine anno sono stati accantonati per coprire l’aumento dei costi,” ha spiegato. La clientela stessa mostra segnali di cautela. Il 30% degli abbonati mensili di Batory ha ridotto il numero di confezioni acquistate.

A risentire delle politiche migratorie è anche il commercio locale. Kevin Chapin, che gestisce un negozio di violini a New Haven, ha dichiarato che circa un terzo dei suoi clienti sono studenti stranieri. Le restrizioni sui visti, in particolare quelli per motivi di studio, stanno già riducendo gli ordini. “L’intero settore è preoccupato,” ha dichiarato.

Chapin ha rinunciato a sostituire il suo unico dipendente, che ha lasciato il lavoro a giugno, e ha rimandato ogni piano d’espansione. Inoltre, ha fatto scorta di materiale — strumenti dalla Cina, crini per archi dalla Mongolia, accessori dall’Europa — prima dell’entrata in vigore dei nuovi dazi. Ora si trova a corto di liquidità e con costi in aumento.

Secondo Winograd, finora la contrazione della domanda e dell’offerta di lavoro si è bilanciata, evitando un aumento marcato della disoccupazione. Ma il rallentamento nella creazione di posti unito a una forza lavoro più ridotta suggerisce prospettive di crescita più deboli.

Alla Casa Bianca, però, il tono resta ottimistico. Il consigliere economico Stephen Miran ha dichiarato a CNN che i nuovi accordi commerciali e annunci sui dazi “hanno risolto ogni incertezza”. L’intervista, tuttavia, è avvenuta prima del licenziamento della direttrice del BLS.

L’evoluzione degli ultimi giorni mostra come le ambizioni economiche della presidenza Trump stiano generando una nuova instabilità, dove dati economici, decisioni aziendali e fiducia degli investitori appaiono sempre più soggetti a impulsi politici.

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