Colloqui a Istanbul tra Russia e Ucraina: i primi negoziati diretti dal 2022 si sono conclusi tra minacce e nulla di fatto

Le delegazioni dei due Paesi belligeranti si sono incontrate nel palazzo presidenziale di Dolmabahçe. Toni duri da parte russa, minacce su nuove occupazioni e richiesta di ritiro ucraino dai territori annessi. Unico accordo raggiunto: scambio di prigionieri "1.000 contro 1.000".

Colloqui a Istanbul tra Russia e Ucraina: i primi negoziati diretti dal 2022 si sono conclusi tra minacce e nulla di fatto

Si è svolto oggi ad Istanbul il primo incontro diretto tra delegazioni russe e ucraine dalla primavera del 2022. Il colloquio, tenutosi nel palazzo presidenziale di Dolmabahçe, ha rappresentato un raro momento di interazione diplomatica tra i due paesi dopo oltre tre anni di conflitto armato. L'incontro è durato circa due ore e non è stato seguito da ulteriori sessioni nella stessa giornata, secondo quanto riportato da RBC-Ucraina.

Il capo della delegazione russa, Vladimir Medinsky, ha affermato che i negoziati proseguiranno solo dopo che ciascuna parte avrà definito una propria proposta formale in merito a un possibile cessate il fuoco ed ad una propria "visione" del cessate il fuoco, mettendola per iscritto. Tuttavia, non è stata indicata alcuna data precisa per la ripresa del dialogo.

Toni duri e minacce di acquisizioni territoriali

Secondo il giornalista di The Economist Oliver Carroll, presente sul posto, Mediatsky ha adottato un tono particolarmente aggressivo, dichiarando che la Russia "è pronta a combattere per sempre". "Non vogliamo la guerra, ma siamo pronti a combattere per un altro anno, due, tre – per quanto sarà necessario", avrebbe detto il rappresentante russo, ricordando che la Russia combatté contro la Svezia per 21 anni. "E voi quanto siete pronti a combattere?", avrebbe domandato provocatoriamente alla controparte ucraina.

Sempre secondo Carroll, Medinsky ha evocato il passato imperiale russo, citando Pietro il Grande e la Guerra del Nord, sostenendo che la Svezia "sarebbe ancora una grande potenza oggi, se non ci fosse stata quella guerra", combattuta – ha sottolineato – anche grazie ai finanziamenti di Inghilterra e Francia.

Durante i colloqui di Istanbul, la delegazione russa ha richiesto il ritiro completo delle forze ucraine dai quattro territori illegalmente annessi dalla Federazione Russa nel 2022: Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. Mosca considera questi territori parte integrante della Federazione nei loro confini amministrativi, sebbene ne controlli solo parzialmente il territorio. La richiesta è stata presentata come condizione per un cessate il fuoco, ma è stata respinta da Kyiv, che continua a considerare queste regioni come parte del proprio territorio sovrano .

In aggiunta, la delegazione russa ha minacciato l'Ucraina con l'eventualità di un'occupazione delle regioni di Sumy e Kharkiv nel caso in cui Kyiv non procedesse con il ritiro completo dai territori sopra indicati . Queste minacce si inseriscono in un contesto di crescente pressione militare russa lungo il confine nord-orientale dell'Ucraina. Secondo il comandante in capo ucraino Oleksandr Syrskyi, oltre 67.000 soldati russi sono stati schierati lungo il confine con la regione di Sumy, e si è registrato un aumento significativo delle operazioni offensive russe in quella zona.

Anche Oleksiy Goncharenko, deputato della Verkhovna Rada, ha confermato le minacce russe sull’annessione della regione di Sumy. Ha inoltre rivelato che la proposta ucraina di un cessate il fuoco temporaneo di 30 giorni è stata respinta dalla delegazione russa.

Unico risultato: scambio di prigionieri

L’unico punto su cui le due delegazioni sono riuscite a trovare un'intesa oggi è stato lo scambio di prigionieri. L'accordo prevede la liberazione reciproca di 1.000 prigionieri di guerra per parte, che, se attuato, rappresenterebbe il più grande scambio dall’inizio del conflitto. La data dell’operazione non è stata ancora fissata, ma secondo Medinsky potrebbe avere luogo "nei prossimi giorni".

Il rappresentante russo ha anche riferito che durante i colloqui l’Ucraina ha avanzato la richiesta di un incontro diretto tra i presidenti Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. "Abbiamo preso atto di questa richiesta", ha dichiarato Mediatsky, senza aggiungere ulteriori dettagli.

Reazioni internazionali

Nel frattempo, il presidente ucraino Zelensky, presente in Albania per un incontro con altri leader europei, ha invocato "sanzioni severe" contro la Russia nel caso in cui questa dovesse rifiutare un cessate il fuoco incondizionato. I leader europei presenti hanno avuto una conversazione telefonica con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che al momento non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali sui negoziati in corso.

Subito dopo la telefonata, Zelensky ha ribadito che “la pressione sulla Russia deve essere mantenuta”, affermando di aver parlato con Trump insieme ai leader di Gran Bretagna, Francia, Germania e Polonia a margine di un incontro europeo in Albania. “L'Ucraina è pronta a compiere i passi più rapidi possibili per arrivare ad una vera pace, ed è importante che il mondo assuma una posizione forte”, ha scritto Zelensky sui social media dopo la telefonata.

“La nostra posizione - se i russi rifiutano un cessate il fuoco completo e incondizionato e la fine delle uccisioni, devono seguire dure sanzioni. La pressione sulla Russia deve essere mantenuta fino a quando la Russia non sarà pronta a porre fine alla guerra Grazie a tutti coloro che nel mondo ci stanno aiutando”.

Il primo ministro britannico Keir Starmer ha invece commentato la posizione della Russia definendola "inaccettabile", riaffermando l'impegno europeo a introdurre nuove sanzioni in risposta all’eventuale rifiuto russo di misure volte a favorire la de-escalation.

Il quadro generale che emerge da questo primo incontro diretto dopo anni è, ad ogni modo, quello di una trattativa ancora in fase embrionale, caratterizzata da forti tensioni, rivendicazioni territoriali e obiettivi divergenti. L’unico segnale tangibile di passo in avanti resta, al momento, lo scambio di prigionieri. Nessun progresso concreto è stato invece registrato sul piano politico o militare.

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