BREAKING: Un giudice federale di Seattle blocca temporaneamente l’ordine esecutivo sullo ius soli

BREAKING: Un giudice federale di Seattle blocca temporaneamente l’ordine esecutivo sullo ius soli
John C. Coughenour, il giudice di Seattle che ha bloccato l’ordine esecutivo di Trump sullo ius soli

Un giudice federale degli Stati Uniti ha emesso un provvedimento temporaneo che blocca l’ordine esecutivo firmato da Donald Trump per porre fine alla cittadinanza automatica dei bambini nati in territorio americano, il cosiddetto ius soli.

La decisione, pronunciata stasera dal giudice John C. Coughenour del Tribunale distrettuale del distretto occidentale di Washington (Seattle), rappresenta il primo ostacolo rilevante per il presidente nel tentativo di modificare radicalmente le leggi sull’immigrazione e di invertire decenni di prassi consolidata.

La controversa misura, emanata nelle prime ore dell’insediamento di Trump, prevede di negare la cittadinanza non solo ai figli di immigrati irregolari nati negli Stati Uniti, ma anche a quelli di donne presenti legalmente sul territorio a titolo temporaneo, come nel caso di turiste, studenti universitari o lavoratrici stagionali.

Immediata la reazione di numerosi stati: ben 22 procuratori generali, insieme a gruppi di attivisti, hanno presentato sei azioni legali distinte, sostenendo che l’ordine viola chiaramente il 14° Emendamento della Costituzione americana.

La clausola costituzionale, che sancisce che “tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti e sottoposte alla loro giurisdizione sono cittadini degli Stati Uniti”, è stata infatti tradizionalmente interpretata come garanzia universale di cittadinanza per tutti i nati negli USA, salvo rarissime eccezioni.

Di fronte al giudice Coughenour, nominato a suo tempo da Ronald Reagan, si sono costituiti i procuratori generali di Washington, Illinois, Oregon e Arizona, affermando che il provvedimento priverebbe oltre 150.000 bambini all’anno di importanti diritti e benefit, oltre a rischiare di renderli apolidi.

A farne le spese sarebbero anche i singoli Stati, destinati a perdere parte dei fondi federali destinati ai programmi di assistenza.

Durante l’udienza, il giudice ha definito l’ordine di Trump “platealmente incostituzionale”, accogliendo almeno in via provvisoria la tesi delle autorità statali.

A rafforzare questa linea difensiva, i legali hanno citato le dichiarazioni rilasciate nel 1995 dall’allora assistente procuratore generale Walter Dellinger, secondo cui ogni legge volta a limitare la cittadinanza per nascita sarebbe incostituzionale “di per sé” e contraria alla tradizione storica degli Stati Uniti.

Il caso si è così trasformato in un primo, significativo test per le politiche migratorie del presidente, mentre un’ulteriore azione legale, avviata da altri 18 Stati e da due amministrazioni cittadine, è stata presentata in Massachusetts e sarà valutata separatamente.

La partita giudiziaria è comunque appena iniziata: la Casa Bianca ha già anticipato che farà ricorso in appello, preparando il terreno a un probabile scontro legale che potrebbe salire fino alla Corte Suprema, riaccendendo il dibattito sulla portata e l’interpretazione del 14° Emendamento e sulla natura stessa della cittadinanza statunitense

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