Biden respinge le accuse su autopen e grazie: “Ho deciso io”
L’ex presidente respinge le accuse repubblicane sul suo stato mentale e sull’uso dell’autopen, al centro delle indagini avviate da Trump e dal Congresso

Negli ultimi giorni della sua presidenza, Joseph R. Biden Jr. ha ridotto le pene a quasi 4.000 detenuti federali e concesso grazie preventive a numerose figure politicamente esposte, temendo che potessero diventare bersagli di indagini giudiziarie da parte del suo successore. Ora, a sei mesi dalla fine del suo mandato, l’ex presidente si trova al centro di una controversia politica e giudiziaria che coinvolge il Congresso, il Dipartimento di Giustizia e la Casa Bianca guidata da Donald Trump.
Al centro dello scontro ci sono le decisioni di clemenza firmate con l’autopen, un dispositivo che replica la firma del presidente. Trump e i suoi alleati sostengono che l’uso dell’autopen dimostrerebbe che Biden non fosse in grado di esercitare le sue funzioni e che il suo staff abbia preso decisioni al suo posto. Biden ha respinto con fermezza queste accuse, affermando in un’intervista al New York Times di aver preso personalmente ogni decisione.
“Ho deciso tutto io”, ha dichiarato Biden, spiegando di aver scelto l’autopen solo per motivi pratici, vista l’enorme mole di documenti da firmare. “Stiamo parlando di tantissime persone”.
L’intervista è stata la prima in cui l’ex presidente ha affrontato pubblicamente le indagini parallele avviate dall’amministrazione Trump, dalla Camera e dal Senato repubblicani. In gioco non c’è solo la legittimità delle sue decisioni finali, ma anche la sua lucidità mentale negli ultimi mesi del mandato.
La Casa Bianca di Trump ha ottenuto dal National Archives migliaia di email interne dell’amministrazione Biden, contenenti parole chiave come “clemenza”, “grazia” e “commutazione”. Il New York Times ha potuto esaminare alcune decine di queste email, che documentano un processo formale e strutturato: le decisioni venivano prese da Biden in riunioni specifiche, e poi registrate attraverso l’autopen solo dopo che i suoi collaboratori confermavano per iscritto quanto deciso.
L’utilizzo dell’autopen è stato gestito dalla staff secretary Stefanie Feldman, che richiedeva resoconti scritti delle riunioni — chiamati “blurbs” — prima di procedere. Questi documenti venivano redatti da assistenti che non erano presenti agli incontri, ma che ricevevano le indicazioni dai partecipanti diretti, come il capo di gabinetto Jeffrey D. Zients e il consigliere legale Ed Siskel.
Il 30 ottobre 2024, Siskel aveva anticipato al personale un’ondata di richieste di clemenza, delineando un processo strutturato con un punto fermo: “Il presidente prende la decisione finale sulla lista di grazie e commutazioni.”
Le decisioni firmate con l’autopen sono quattro, prese tra dicembre e gennaio. Tre riguardano categorie ampie di detenuti: persone in detenzione domiciliare durante la pandemia, condannati per reati di droga non violenti e 37 condannati a morte la cui pena è stata commutata in ergastolo, escludendo i casi di terrorismo o stragi motivate dall’odio. Biden ha spiegato di non aver commutato tre condanne a morte proprio per la gravità dei crimini, ritenendo che un atto del genere avrebbe superato “una linea troppo sottile.”
La quarta serie di atti di clemenza, annunciata il 20 gennaio 2025, ultimo giorno del mandato, ha incluso grazie preventive a membri della sua famiglia e a figure ostili a Trump, come il generale Mark A. Milley, Anthony Fauci e membri della commissione parlamentare che indagò sull’assalto al Campidoglio. In particolare, Biden ha dichiarato di aver voluto proteggere queste persone da future ritorsioni politiche.
“Conosciamo tutti quanto Trump sia vendicativo”, ha affermato Biden, “per questo ho preso la decisione consapevole di proteggerli.”
Alcune email mostrano che Biden modificò alcune decisioni all’ultimo momento. In un incontro del 18 gennaio, aveva approvato una grazia per Don Siegelman, ex governatore democratico dell’Alabama condannato per corruzione. Il giorno dopo, cambiò idea e ritirò la decisione, affermando nell’intervista che Siegelman non era in pericolo e che molti richiedono grazie, ma non tutti possono ottenerle.
Nella stessa riunione, tenutasi nella Yellow Oval Room della residenza presidenziale, Biden inserì una grazia per Ernest W. Cromartie II, ex consigliere comunale della Carolina del Sud condannato per evasione fiscale, su richiesta del deputato James Clyburn. “Ero d’accordo con Jim e l’ho graziato”, ha dichiarato Biden.
Le indagini repubblicane si sono intensificate a giugno, quando Trump ha firmato un ordine esecutivo che incarica il Dipartimento di Giustizia e il consigliere legale della Casa Bianca di verificare la salute mentale di Biden e la legalità dell’uso dell’autopen. Ed Martin, nominato da Trump a capo temporaneo della procura federale di Washington e poi diventato pardon attorney, ha dichiarato che sta indagando se altri abbiano “approfittato” di Biden durante l’uso dell’autopen.
Parallelamente, i repubblicani al Congresso hanno avviato audizioni e richiesto testimonianze giurate a numerosi ex collaboratori di Biden. Alcuni hanno invocato il Quinto Emendamento, come il medico della Casa Bianca, mentre altri hanno assunto legali di prestigiosi studi di Washington come Latham & Watkins, Covington & Burling, Steptoe e Cooley. Neera Tanden, già staff secretary e poi consigliere per la politica interna, è stata la prima a testimoniare.
Trump ha anche firmato una rinuncia preventiva all’executive privilege, rendendo più difficile per Biden bloccare l’accesso del Congresso alle informazioni interne della sua amministrazione.
Nel frattempo, Biden ha nominato una nuova avvocata personale, Amy Jeffress, dopo essersi separato da Bob Bauer. La rottura sarebbe avvenuta anche a causa delle tensioni tra Bauer e il figlio di Biden, Hunter, i cui avvocati usavano strategie mediatiche aggressive. Hunter Biden ha ricevuto una grazia completa nel dicembre 2024: è stato l’unico atto di clemenza di quel periodo che Biden ha firmato di proprio pugno.