Biden non era in grado di fare il presidente e i collaboratori cercavano di nasconderlo

La nuova biografia "Peccato originale" dei giornalisti Jake Tapper e Alex Thompson rivela come l'entourage di Biden abbia occultato per anni il deterioramento delle condizioni del presidente.

Biden non era in grado di fare il presidente e i collaboratori cercavano di nasconderlo

L'entourage di Joe Biden ha nascosto per anni alla stampa e all'opinione pubblica il progressivo deterioramento delle condizioni di salute del presidente, proteggendolo al contempo da informazioni sgradevoli sui suoi cali di popolarità. Questi comportamenti hanno contribuito in modo determinante al ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. È quanto emerge dal libro "Peccato originale: l'incapacità del presidente Biden, la sua dissimulazione e la sua decisione catastrofica di candidarsi per un secondo mandato", scritto dai giornalisti Jake Tapper della CNN e Alex Thompson di Axios.

I segnali del declino cognitivo di Biden erano già stati evidenti durante la campagna elettorale del 2020. Il futuro presidente mostrava frequenti lapsus, confondeva nomi e date, e aveva comportamenti inconsueti durante le apparizioni pubbliche. Il suo team di comunicazione trasformò queste caratteristiche in parte del suo appeal politico, presentandolo come un nonno bizzarro ma affidabile, capace di fare affidamento su esperienza e saggezza. Biden divenne così il presidente più anziano nella storia americana, con 78 anni e due mesi al momento del giuramento del 20 gennaio 2021.

Da quel momento in poi nei circoli democratici parlare pubblicamente del peggioramento delle condizioni di Biden era considerato non solo sconveniente, ma anche sleale e controproducente. Significava infatti rafforzare le critiche di Trump e dei repubblicani, che non cessavano di sostenere che Biden fosse troppo vecchio per governare e gli diagnosticavano demenza senile ed altri disturbi cognitivi.

Un episodio cruciale si verificò però nel gennaio 2023, quando emerse che nella residenza privata di Biden a Wilmington, nel Delaware, erano custoditi documenti riservati risalenti al periodo della sua vicepresidenza (2009-2017). Il procuratore speciale Robert Hur, incaricato delle indagini, interrogò Biden nell'ottobre 2023. Nel suo rapporto conclusivo del febbraio 2024, Hur decise di non incriminare il presidente, scrivendo:

"In tribunale Biden sarebbe apparito probabilmente ai giurati come è apparso durante i nostri colloqui: un anziano benevolo e comprensivo con problemi di memoria".

La descrizione del procuratore mandò su tutte le furie Biden e il suo staff, che accusarono Hur di aver voluto danneggiare politicamente il presidente pur non avendo trovato elementi sufficienti per un'azione legale. Ma quando nel mese in corso Axios ha pubblicato la registrazione audio dell'interrogatorio, è emerso chiaramente che Hur aveva ragione: Biden faceva lunghe pause, perdeva il filo dei discorsi, rispondeva in modo inappropriato e spesso non riusciva a completare le frasi. Durante l'interrogatorio il presidente ha parlato spontaneamente della morte del figlio Beau confondendo l'anno dell'accaduto, salvo poi accusare Hur di aver sollevato l'argomento senza motivo.

Un altro episodio significativo riguarda l'attore George Clooney, star di Hollywood e attivista democratico da lungo tempo vicino a Biden. Nel giugno 2024 Clooney aveva organizzato una serata di raccolta fondi per la campagna per la rielezione di Biden. Quando si avvicinò a lui, però, l'attore si rese conto che il presidente non lo riconosceva. Clooney iniziò a discuterne con dirigenti del partito e grandi donatori democratici, che riconobbero le difficoltà di Biden dovute all'età ma insistettero che la parte più importante del lavoro presidenziale - prendere decisioni - rimaneva intatta.

Il punto di rottura arrivò, comunque, con il disastroso dibattito televisivo di giugno tra Trump e Biden. I democratici rimasero scioccati dalla performance del loro candidato, che apparve debole: Biden parlò a voce bassa e rauca (era anche raffreddato), si confuse ripetutamente, balbettò e diede risposte incomprensibili. Dopo una delle frasi più confuse di Biden, Trump commentò:

"Non ho capito cosa abbia detto alla fine di questa frase. Probabilmente non l'ha capito nemmeno lui".

Jake Tapper, uno degli autori del libro e moderatore del dibattito, ricevette un biglietto dalla collega Dana Bash con scritto:

"Ha appena perso le elezioni".

Dopo il dibattito aumentò drasticamente la pressione perché Biden si ritirasse dalla corsa. Il suo indice di gradimento era già stabilmente inferiore a quello di Trump, e ora tutto il Paese aveva visto con i propri occhi che le accuse repubblicane sulla sua età non erano solo manipolazioni politiche. Due settimane dopo il dibattito, George Clooney pubblicò una lettera aperta sul New York Times intitolata "Amo Joe Biden. Ma abbiamo bisogno di un nuovo candidato". Nell'articolo Clooney scriveva:

"Con questo presidente non vinceremo a novembre. Inoltre, non otterremo la maggioranza alla Camera e perderemo quella al Senato. Non è solo la mia opinione. È l'opinione di ogni senatore, membro del Congresso e governatore con cui ho parlato personalmente".

Le riunioni tra Biden e i leader democratici durarono quasi un mese dopo il dibattito. Benché i dirigenti del partito si fossero accordati per essere "completamente onesti", in presenza del presidente non riuscivano a esprimere altro che vaghi inviti a "trovare una soluzione". Durante questi incontri emerse che l'entourage di Biden non solo cercava di nascondere al pubblico le condizioni del presidente, ma lo proteggeva anche dalle informazioni negative provenienti dall'esterno. Il presidente continuava a ripetere che i suoi sondaggi non erano così negativi, lasciando perplessi gli esperti di rilevazioni elettorali che lo ascoltavano e sapevano benissimo che non era così.

Gli autori del libro hanno identificato i membri del cerchio ristretto di Biden che cercavano di proteggerlo in tutti i modi: la moglie Jill, il figlio Hunter, la sorella Valerie Biden-Owens e quattro consiglieri soprannominati il "politburo": Mike Donilon, Steve Ricchetti, Bruce Reed e Ron Klain. Secondo Tapper e Thompson, questo gruppo agiva mosso da due motivazioni principali. In primo luogo, vedendo Biden quotidianamente, potevano non accorgersi del graduale deterioramento delle sue condizioni. Il declino era evidente solo a chi lo incontrava dopo pause di alcuni mesi, come nel caso di Clooney.

La seconda e principale spiegazione riguarda quello che gli autori definiscono il "mito di Biden". Il presidente aveva superato grandi tragedie personali: la prima moglie e la figlia di un anno sono morti in un incidente d'auto nel 1972, il figlio maggiore Beau è morto per un tumore al cervello nel 2015, il secondo figlio Hunter ha lottato contro la tossicodipendenza.

Biden aveva sofferto di balbuzie da bambino, problema mai completamente risolto. Non aveva mai posseduto il carisma o l'eloquenza di Bill Clinton o Barack Obama, icone viventi del Partito democratico. Era sempre stato sottovalutato, e tutta la sua carriera politica cinquantennale rappresentava una serie di successi oltre le aspettative. Tuttavia, nel 2020 era riuscito a unificare il partito, riconciliando le ali moderate e progressiste, ed a sconfiggere l'arcinemico Trump.

Il cerchio ristretto di Biden era composto da persone che lo amavano sinceramente e percepivano ogni critica nei suoi confronti come un attacco al mito, un'ingiustizia e un affronto personale. Probabilmente anche nei risultati dei sondaggi vedevano ciò che volevano vedere: Biden veniva ancora una volta sottovalutato e avrebbe sicuramente smentito gli scettici. Queste erano le informazioni che trasmettevano al presidente.

Per convincere Biden che la posta in gioco era troppo alta e non si poteva contare su un nuovo miracolo, nel luglio 2024 fu necessario l'intervento dei leader storici del Partito Democratico: l'ex presidente Barack Obama, l'ex Speaker della Camera Nancy Pelosi ed il leader della maggioranza democratica al Senato Chuck Schumer. Avendo già raggiunto i massimi traguardi delle loro carriere, almeno loro potevano parlare apertamente con Biden. Di fronte a tutta questa pressione, nonostante averlo negato fino al giorno prima, il 21 luglio 2024 Biden decise di ritirarsi dalla corsa per la presidenza.

La nuova candidata democratica divenne Kamala Harris, vicepresidente nell'Amministrazione Biden. Repubblicani e molti democratici considerarono questa scelta come scorretta: milioni di elettori del partito avevano votato per la candidatura di Biden alle primarie, mentre Harris era stata scelta attraverso accordi di vertice. Si levarono richieste per una Convention aperta a Chicago in agosto. Tuttavia il partito decise che mantenere l'incertezza avrebbe danneggiato ulteriormente una campagna già gravemente compromessa dall'indecisione di Biden.

Fu così che i democratici concentrarono tutti gli sforzi per sostenere Harris, convincendo persino David Plouffe, architetto del trionfo di Obama nel 2008, a tornare in politica come consigliere del suo comitato elettorale. Plouffe, uno dei pochi a rilasciare dichiarazioni a nome proprio agli autori del libro, è stato lapidario:

"Biden ci ha fottuto tutti".

Lo staff di Harris agì rapidamente e con decisione ottenendo notevoli successi, ma vincere in quelle condizioni sembrava impossibile.

Solo la sconfitta elettorale del novembre 2024 ha permesso a molti democratici di parlare apertamente, rendendo possibile la pubblicazione di "Peccato originale". Molti di loro stanno cercando di capire ora cosa sia andato storto e riconoscere i gravi errori commessi. “Peccato originale” rappresenta, dunque, non solo un’analisi critica dei passi falsi del Partito Democratico, ma anche un’occasione di riflessione sul futuro della leadership democratica. Il nuovo libro esce pochi giorni dopo l'annuncio della diagnosi di cancro alla prostata dell'ex presidente.

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