Assenza statunitense alla prossima riunione del gruppo "Ramstein": una svolta nei rapporti con Kyiv

Per la prima volta dalla creazione del gruppo di contatto per l’Ucraina, gli Stati Uniti non prenderanno parte alla riunione in programma l’11 aprile. La presidenza passa al Regno Unito e alla Germania, mentre crescono le incertezze sul sostegno di Washington a Kiev sotto l’amministrazione Trump.

Assenza statunitense alla prossima riunione del gruppo "Ramstein": una svolta nei rapporti con Kyiv
Immagine creata dall'intelligenza artificiale. Fonte: ChatGPT

Per la prima volta dalla nascita del gruppo di contatto per l’Ucraina, gli Stati Uniti non parteciperanno a un incontro del formato “Ramstein”. Il 27° appuntamento, previsto per l’11 aprile a Bruxelles, si svolgerà senza la presenza del ministro della Difesa statunitense Pete Hegseth.

Secondo quanto riportato da Defense News, la delegazione americana non includerà nemmeno alti rappresentanti che solitamente accompagnano il capo del Pentagono in missioni di questo tipo.

Si tratta di un’assenza significativa, che segna un’ulteriore trasformazione nel ruolo di Washington nel coordinamento del supporto internazionale a Kyiv.

Il gruppo “Ramstein” era stato istituito nel 2022, su iniziativa dell'ex Segretario alla Difesa Lloyd Austin, con l’obiettivo di riunire i principali alleati occidentali per pianificare e coordinare gli aiuti militari all’Ucraina in risposta all’invasione russa.

L’unico precedente simile risale all’inizio del 2024, quando Austin, ancora in carica, non poté partecipare fisicamente alla riunione a causa di un’operazione chirurgica.

Tuttavia, in quell’occasione fu comunque presente in videocollegamento. La riunione di aprile rappresenterà quindi la prima completa assenza del capo del Pentagono, in un momento in cui il futuro del sostegno americano a Kiev appare sempre più incerto.

Già nel corso dell’ultima riunione del gruppo, tenutasi il 12 febbraio, si era visto un primo segnale di disimpegno: pur essendo presente Hegseth, la sessione non era stata guidata dagli Stati Uniti, ma dal Regno Unito, su richiesta esplicita di Washington. In aprile, la presidenza sarà condivisa tra Londra e Berlino.

Questo cambiamento non è frutto del caso. Secondo Celeste Wallander, ex vice ministro della Difesa degli Stati Uniti per gli affari di sicurezza internazionale, le capitali europee avrebbero iniziato a valutare formati alternativi già durante l’ultima fase dell’Amministrazione Biden.

Il timore era che, con l’eventuale ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, il sostegno a Kyiv potesse subire un ridimensionamento sostanziale.

Uno degli scenari messi in campo prevedeva proprio il trasferimento della leadership del gruppo “Ramstein” all’Europa, con il Regno Unito e la Germania in prima linea.

Dopo l’elezione di Trump, le preoccupazioni europee sembrano essersi rafforzate. Il nuovo presidente ha spesso espresso scetticismo nei confronti degli aiuti militari all’Ucraina e un atteggiamento considerato benevolo nei confronti del presidente russo Vladimir Putin.

Questo atteggiamento ha messo in allerta diversi partner della NATO, portando a una ridefinizione dei meccanismi di cooperazione multilaterale nel sostegno a Kyiv.

Il Ministro della Difesa polacco Wladyslaw Kosiniak-Kamysz ha commentato pubblicamente la situazione, ipotizzando anche una possibile cessazione degli incontri in formato “Ramstein” nel caso in cui Washington decidesse di disimpegnarsi del tutto.

Allo stesso tempo, Kosiniak-Kamysz ha espresso la speranza che gli Stati Uniti possano proporre nuove modalità di coordinamento con i partner occidentali, per mantenere attivo un canale di sostegno all’Ucraina.

Nel frattempo, la riunione dell’11 aprile sarà osservata con particolare attenzione. I rappresentanti europei dovranno misurarsi con la nuova realtà strategica venutasi a creare e discutere della continuità del supporto a Kyiv in un contesto in cui il ruolo degli Stati Uniti non può più essere dato per scontato.

In assenza della guida americana, sarà compito dei Paesi europei assumere una maggiore responsabilità, sia in termini di coordinamento che di impegno concreto, nella gestione della crisi ucraina.

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