Apple verso un processo per abuso di posizione dominante negli Stati Uniti
Un giudice federale ha respinto il ricorso dell’azienda, rafforzando l’ipotesi di un'azione legale per comportamento monopolistico volto a proteggere l’egemonia dell’iPhone
Apple si avvicina a un processo per abuso di posizione dominante negli Stati Uniti. Lunedì 30 giugno, un giudice federale del New Jersey, Julien Xavier Neals, ha respinto il ricorso presentato dal gruppo di Cupertino contro il procedimento avviato dal Dipartimento della giustizia statunitense. L’azione legale, sostenuta da diciannove Stati e dal procuratore di Washington, accusa l’azienda di aver deliberatamente ostacolato la concorrenza e frenato l’innovazione, con l’obiettivo di rafforzare la posizione dominante dell’iPhone sul mercato nazionale.
Il procedimento era stato avviato nel marzo 2024, quando il governo federale aveva intentato causa contro Apple, denunciando pratiche monopolistiche. L’azienda aveva reagito ad agosto con un ricorso, nel quale chiedeva l’annullamento della procedura. Secondo Apple, l’accusa non aveva dimostrato né l’esistenza di una posizione dominante, né l’intento di consolidarla attraverso decisioni anticoncorrenziali. La multinazionale sosteneva inoltre che un’analisi limitata al solo mercato statunitense fosse parziale, dal momento che a livello globale i dispositivi Android superano numericamente gli iPhone.
Il giudice Neals ha però ritenuto che il governo avesse fornito prove sufficienti a dimostrare l’esistenza di un monopolio e di una strategia volta a preservarlo. Nella documentazione presentata figurano elementi interni all’azienda che, secondo l’accusa, testimonierebbero un comportamento consapevole finalizzato a escludere i concorrenti e ad impedire l’emergere di innovazioni in grado di compromettere l’attuale modello economico dell’impresa.
Tra le condotte contestate vi è il rallentamento o l’impedimento dello sviluppo di applicazioni e servizi compatibili con più piattaforme, cioè utilizzabili anche al di fuori dell’ecosistema Apple. Questa strategia avrebbe limitato le opzioni disponibili per i consumatori e ridotto gli spazi di mercato per gli sviluppatori terzi.
In una dichiarazione rilasciata all’Agence France-Presse, un portavoce di Apple ha contestato l’iniziativa giudiziaria: «Riteniamo che questa azione non sia giustificata né dalla legge né dai fatti, e continueremo a opporci con decisione in tribunale».
La data di un eventuale processo non è ancora stata fissata. Tuttavia, considerando i tempi della giustizia statunitense e la complessità del dossier, è improbabile che si tenga prima di alcuni anni.
L’iniziativa contro Apple si inserisce in un contesto più ampio di rinnovato attivismo antitrust da parte delle autorità americane. Dopo anni di relativa inattività sul fronte della regolazione della concorrenza nel settore tecnologico, il governo federale ha avviato diverse azioni contro i colossi del digitale, accusati di aver creato situazioni di dominio capaci di danneggiare l’equilibrio del mercato.
In questo contesto, anche altri gruppi sono finiti nel mirino delle autorità. Google è stato riconosciuto in posizione di monopolio nel campo della ricerca online nell’agosto 2024 e attende ora la sentenza. Un secondo procedimento nei suoi confronti riguarda il mercato pubblicitario.
Meta, dal canto suo, è stata citata in giudizio dalla Federal Trade Commission per abuso di posizione dominante nel settore dei social network. Il processo, durato sette settimane, si è concluso alla fine di maggio 2025. Anche in questo caso, il verdetto è atteso nei prossimi mesi.
Queste azioni rientrano in una strategia di contrasto alle distorsioni concorrenziali che, secondo il governo, si sono consolidate negli ultimi decenni. Le grandi piattaforme tecnologiche sono accusate di avere costruito ecosistemi chiusi e pratiche escludenti che rafforzano la propria posizione a scapito dell’innovazione e della libertà di scelta degli utenti.
Con una precedente sentenza, Apple era già stata costretta ad autorizzare gli editori di applicazioni a utilizzare canali alternativi all’App Store per la distribuzione e la vendita delle app sul territorio statunitense, un cambiamento che ha segnato una svolta significativa nella regolazione del settore.