Anche New York vuole entrare nella battaglia sui collegi elettorali

La governatrice democratica annuncia di voler contrastare l’iniziativa dei repubblicani in Texas, ma le regole di New York rendono difficile modificare le mappe prima del 2028, secondo esperti ed eletti.

Anche New York vuole entrare nella battaglia sui collegi elettorali
Metropolitan Transportation Authority

La governatrice democratica di New York Kathy Hochul ha promesso di rispondere ai repubblicani sul terreno dei collegi elettorali dopo che il Texas ha approvato nuove mappe congressuali a vantaggio del partito. «Affronteremo l’insurrezione legale di Trump a viso aperto», ha dichiarato Hochul, aggiungendo che intende «batterlo sullo stesso campo e con le sue stesse armi».

Il riferimento è al cosiddetto gerrymandering, cioè la pratica di ridisegnare i confini dei collegi elettorali in modo da favorire un partito. Negli Stati Uniti i distretti per eleggere i deputati al Congresso devono essere aggiornati periodicamente, soprattutto dopo ogni censimento decennale. In alcuni Stati questo potere spetta direttamente ai parlamenti locali, che spesso lo usano per disegnare mappe su misura. Con due tecniche principali: concentrare gli elettori dell’opposizione in pochi collegi per “sprecare” i loro voti (packing), oppure dividerli in tanti distretti in cui restano minoranza (cracking). In entrambi i casi, il partito che controlla il processo può assicurarsi più seggi di quanti ne otterrebbe con una suddivisione neutrale.

In Texas la legislatura statale, a guida repubblicana, ha appena approvato una mappa considerata fortemente di parte. In California, al contrario, i democratici hanno trovato una scorciatoia: con un voto del parlamento statale hanno avviato un referendum per sospendere il lavoro della commissione indipendente che normalmente si occupa di disegnare i collegi. In questo modo gli elettori potranno approvare una nuova mappa già in tempo per le elezioni di metà mandato del 2026.

Il caso di New York è diverso. Qui una riforma del 2014 ha creato una commissione indipendente con il compito di ridisegnare i collegi, proprio per limitare il rischio di gerrymandering. Per superare questo meccanismo, la Costituzione dello Stato impone un iter molto più lungo: il parlamento dovrebbe votare due volte, in due sessioni diverse, una proposta di modifica da sottoporre poi a referendum popolare. Solo dopo il via libera degli elettori si potrebbe procedere a nuove mappe, che infine dovrebbero essere approvate ancora dal parlamento statale.

Secondo Jeffrey Wice, professore alla New York Law School ed esperto di ridisegno elettorale, questo significa che eventuali nuove circoscrizioni non potrebbero entrare in vigore prima del 2028. «Il problema è che la governatrice sta annunciando l’intenzione di combattere una battaglia a cui non potrà partecipare per altri due anni», ha sottolineato anche Dave Daley, ricercatore dell’organizzazione non partitica FairVote.

La stessa leadership democratica dello Stato ammette che i tempi saranno lunghi. Il presidente dell’Assemblea, Carl Heastie, ha dichiarato che il parlamento non affronterà la questione prima del 2026. Inoltre, resta incerto l’orientamento degli elettori: New York è uno stato solidamente democratico, ma nel 2021 gli elettori hanno respinto un emendamento costituzionale che avrebbe reso più facile per i politici influenzare il ridisegno dei collegi. «Gli elettori odiano il gerrymandering», ha ricordato Daley. «Non solo i repubblicani e molti indipendenti, ma anche tanti democratici non vogliono mappe manipolate dai partiti».

Alcuni democratici cercano vie alternative. La delegazione del partito al Congresso ha chiesto a Hochul di valutare modifiche alla legge sui diritti di voto dello Stato per includere anche i distretti federali. Un’altra ipotesi sarebbe un intervento dei tribunali, che potrebbero dichiarare incostituzionali le mappe attuali e imporne di nuove. Ma secondo gli esperti si tratta di strade difficili, sia per i tempi stretti sia per l’incertezza dei risultati.

Hochul ha anche ipotizzato l’abolizione della commissione indipendente per restituire al parlamento democratico il controllo diretto delle mappe, sul modello del Texas. Una proposta che però rischierebbe di incontrare ricorsi legali e l’opposizione degli elettori, che in passato hanno votato a favore di regole anti-gerrymandering.

Dal punto di vista politico, i margini di guadagno per i democratici restano limitati. Alcuni deputati repubblicani come Mike Lawler, Claudia Tenney e Nicole Malliotakis potrebbero essere penalizzati da nuove mappe, ma nel complesso non ci sono molti distretti in cui i democratici possano ottenere vantaggi netti. Anzi, cercare di colpire un deputato potrebbe ridurre le possibilità di batterne un altro in un distretto vicino.

I repubblicani moderati dello Stato, inoltre, hanno preso le distanze dal loro stesso partito in Texas, criticando l’uso aggressivo del gerrymandering e invitando i democratici a non replicarlo.

Nonostante i limiti pratici, Hochul potrebbe trarre beneficio politico dalla sua posizione. Secondo lo stratega democratico Hank Sheinkopf, «è molto intelligente da parte sua fare ciò che sta facendo» perché la rafforza come leader pronta a difendere il partito da Trump. A sostenerla ci sono anche il leader democratico alla Camera federale Hakeem Jeffries e altri parlamentari.

Il parlamento statale ha già ricevuto proposte di legge per permettere un ridisegno dei collegi a metà decennio se altri Stati lo fanno: una condizione che si è già realizzata con il Texas. «Una situazione così conflittuale non è la norma e probabilmente aumenterà l’interesse degli elettori», ha aggiunto Sheinkopf.

Resta però lo scetticismo. Daley avverte che convincere gli elettori a rinunciare alle commissioni indipendenti sarà difficile, anche negli stati più democratici: «Se i governatori degli stati blu pensano che sarà semplice far accettare agli elettori le conseguenze del gerrymandering, si sbagliano».

Rimani sempre aggiornato seguendoci su WhatsApp

Canale WhatsApp
Focus America non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.