4 luglio, la libertà come fondamento degli Stati Uniti

Simbolo fondante della nazione americana, la festa del 4 luglio celebra l’adozione della Dichiarazione d’Indipendenza del 1776 e continua a rappresentare un momento centrale dell’identità politica e culturale degli Stati Uniti

4 luglio, la libertà come fondamento degli Stati Uniti
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Il 4 luglio è la festa nazionale per eccellenza negli Stati Uniti. In questa data, nel 1776, il Secondo Congresso Continentale approvò la Dichiarazione d’Indipendenza, con cui le Tredici Colonie sancirono la loro separazione formale dalla Gran Bretagna. A quasi due secoli e mezzo di distanza, questa ricorrenza continua a occupare un ruolo centrale nella vita pubblica americana, non solo come momento di festa, ma anche come occasione per riflettere sulle radici e le contraddizioni della nazione.

La Dichiarazione, redatta in gran parte da Thomas Jefferson, proclamava che “tutti gli uomini sono creati eguali” e che sono dotati di diritti inalienabili come la vita, la libertà e la ricerca della felicità. Questi principi, sebbene non sempre attuati nella pratica, hanno rappresentato la base teorica e morale su cui si è costruita la legittimità del nuovo Stato.

L’approvazione della Dichiarazione fu l’atto culminante di un lungo processo politico e conflittuale. A partire dalla metà del Settecento, il Parlamento britannico aveva introdotto una serie di misure economiche e fiscali tese a rafforzare il controllo sulle colonie nordamericane. Tra queste, lo Stamp Act del 1765 e i Townshend Acts del 1767 suscitarono una forte opposizione tra i coloni, che contestavano il principio della tassazione senza rappresentanza (no taxation without representation). La tensione sfociò in atti di protesta come il Boston Tea Party del 1773 e, infine, nei primi scontri armati di Lexington e Concord nell’aprile del 1775.

Contrariamente a una lettura retrospettiva della storia americana, inizialmente molti leader coloniali non miravano alla separazione dall’Impero britannico. Figure come Benjamin Franklin auspicavano una forma di autonomia all’interno di una monarchia condivisa, mentre altri – come James Wilson – rivendicavano i diritti delle colonie in quanto derivanti dalla stessa tradizione costituzionale britannica. Solo dopo il fallimento dei tentativi di conciliazione e con l’escalation militare, l’opzione indipendentista guadagnò consenso.

Il 7 giugno 1776, il delegato Richard Henry Lee presentò la Independence Resolution, con cui si proponeva di proclamare l’indipendenza delle colonie. Dieci giorni dopo, un comitato formato da Jefferson, Franklin, Adams, Sherman e Livingston presentò una bozza di dichiarazione, che fu adottata ufficialmente il 4 luglio.

Il testo della Dichiarazione d’Indipendenza è articolato in quattro sezioni principali. Il preambolo introduce il principio secondo cui un popolo ha il diritto di separarsi da un governo che viola i suoi diritti fondamentali. La seconda parte elenca i diritti inalienabili degli individui e il diritto del popolo di mutare o abolire un governo che li neghi. La terza parte contiene un lungo elenco delle violazioni imputate al re Giorgio III, presentate come giustificazione della rottura. Infine, la conclusione afferma l’indipendenza delle colonie e ne rivendica i pieni poteri sovrani.

Già nel 1777, un anno dopo l’approvazione della Dichiarazione, il 4 luglio fu celebrato con cerimonie pubbliche, parate, salve di cannone e fuochi d’artificio. Nel corso dell’Ottocento, la data si consolidò come la principale festa civile americana, rafforzando il senso di appartenenza a una nazione comune. Le celebrazioni contemporanee includono parate locali, eventi musicali, barbecue, manifestazioni sportive e spettacoli pirotecnici. Ma oltre all’aspetto festivo, il 4 luglio resta un momento di forte significato simbolico e politico.

I valori evocati dalla Dichiarazione – libertà, uguaglianza, autodeterminazione, coraggio civico, unità nella diversità – sono diventati elementi costitutivi della cultura politica americana. Tuttavia, la portata di questi ideali è stata oggetto di numerose critiche. Storici e attivisti hanno spesso sottolineato le contraddizioni tra le affermazioni di principio contenute nella Dichiarazione e la realtà storica della schiavitù, delle discriminazioni razziali, della marginalizzazione dei popoli nativi e delle persistenti disuguaglianze sociali. La frase “tutti gli uomini sono creati uguali” non includeva, all’epoca, né gli schiavi, né le donne, né i poveri.

Nel corso dei decenni, il 4 luglio è stato anche un’occasione per rivendicazioni e riflessioni critiche. Celebre è il discorso tenuto da Frederick Douglass nel 1852, What to the Slave is the Fourth of July?, in cui l’ex schiavo e attivista abolizionista denunciava l’ipocrisia di celebrare la libertà in un paese dove milioni di persone erano ancora ridotte in schiavitù.

Oggi, il significato del 4 luglio si è ampliato: da celebrazione della separazione dall’Impero britannico a commemorazione dei principi fondanti della repubblica americana. La ricorrenza costituisce un’opportunità per interrogarsi non solo sul passato, ma anche sul presente e sul grado di realizzazione degli ideali proclamati nel 1776.

In definitiva, il Giorno dell’Indipendenza è più di una festa. È un appuntamento con la memoria collettiva, un esercizio di identità nazionale e un’occasione per confrontarsi con le promesse ancora incompiute della democrazia americana.

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