27 persone incriminate per legami con la gang venezuelana Tren de Aragua

Sono accusate di omicidio, traffico di esseri umani e droga ed estorsione. Il gruppo criminale, originario del Venezuela, è stato dichiarato "organizzazione terroristica straniera" da Washington.

27 persone incriminate per legami con la gang venezuelana Tren de Aragua

Ventisette persone sono state incriminate negli Stati Uniti con l’accusa di far parte del Tren de Aragua, un gang criminale di origine venezuelana nota per la sua violenza e per operare in diversi Paesi del continente americano. L'annuncio è stato dato lunedì 21 aprile dal ministero della Giustizia statunitense.

Le accuse rivolte ai 27 imputati — definiti dal comunicato della procura federale del distretto sud di New York come “membri presunti, ex membri e associati del Tren de Aragua” — comprendono una serie di reati gravi: omicidio, traffico di esseri umani, traffico di droga ed estorsione.

Il Tren de Aragua è un'organizzazione criminale nata nelle carceri venezuelane e cresciuta fino a divenire un network internazionale attivo in diversi Paesi dell’America Latina, e ora anche negli Stati Uniti. Le autorità statunitensi lo hanno classificato come “organizzazione terroristica straniera”, un’etichetta che consente al governo federale di adottare misure straordinarie per contrastarne l’attività.

Tra queste misure rientra l’uso di una legge risalente al 1798, solitamente impiegata solo in tempi di guerra, che ha permesso al presidente Donald Trump di espellere con procedura accelerata centinaia di migranti sospettati di legami con il gang. In particolare, Trump ha ordinato l'espulsione di 252 cittadini venezuelani, trasferiti senza processo in una prigione di massima sicurezza in El Salvador.

Alcuni avvocati che rappresentano i cittadini espulsi contestano la legittimità delle accuse: i loro assistiti, sostengono, non avrebbero alcun legame con il Tren de Aragua, né avrebbero commesso reati. Il sospetto è che siano stati colpiti esclusivamente in base all’aspetto fisico, in particolare per via dei tatuaggi ritenuti indicativi di appartenenze criminali.

Il tema è arrivato fino alla Corte suprema degli Stati Uniti. Il 7 aprile, l’organo giudiziario ha annullato una decisione di un tribunale che aveva momentaneamente bloccato le espulsioni, pur stabilendo che le persone interessate devono avere la possibilità di impugnare legalmente i provvedimenti nei loro confronti. Successivamente, il 19 aprile, la stessa Corte ha sospeso temporaneamente una nuova espulsione di gruppo, stabilendo una moratoria “fino a nuovo ordine”.

Intanto, il presidente Trump ha giustificato la durezza delle misure sui propri canali social: “Non possiamo processare tutti — ha scritto — perché ci vorrebbero, senza esagerare, 200 anni”.

L’azione dell’amministrazione ha suscitato polemiche e sollevato questioni legali e umanitarie. Oltre alla rapidità dei rimpatri, è stata criticata la mancanza di verifiche individuali che possano distinguere chi è effettivamente coinvolto in attività criminali da chi si trova semplicemente a condividere tratti o origini comuni con i membri del Tren de Aragua.

L’inchiesta federale e le incriminazioni annunciate a New York sembrano invece mirare a soggetti specifici, accusati formalmente sulla base di prove raccolte. Secondo il procuratore federale ad interim Matthew Podolsky, il governo punta a colpire la rete del gang all'interno del territorio statunitense, cercando di prevenirne l’insediamento stabile.

Il caso si inserisce nel quadro più ampio della politica migratoria e di sicurezza dell’amministrazione Trump, sempre più orientata verso approcci punitivi e restrittivi. La cooperazione con altri Paesi, come El Salvador, per la detenzione di sospetti migranti criminali, riflette anche una nuova fase nei rapporti diplomatici con i governi centroamericani, spesso coinvolti come attori nei piani di contenimento delle migrazioni e nella lotta al crimine transnazionale.

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