18 Stati e due città presentano un esposto in tribunale per bloccare l’ordine esecutivo di Trump sullo ius soli

18 Stati e due città presentano un esposto in tribunale per bloccare l’ordine esecutivo di Trump sullo ius soli
Foto di Global Residence Index / Unsplash

La battaglia legale sulla cittadinanza per diritto di nascita, meglio nota come ius soli, ha subito oggi una accelerazione quando ben diciotto Stati, insieme al District of Columbia e alla città di San Francisco, hanno presentato un esposto in tribunale per bloccare l’ordine esecutivo emesso ieri dal Presidente Donald Trump su questo argomento.

Il provvedimento, firmato ieri sera e costituito da un testo di circa settecento parole, stabilisce restrizioni senza precedenti sul diritto alla cittadinanza per i figli di genitori privi di uno status di soggiorno regolare o in possesso di semplici visti temporanei.

L’iniziativa presidenziale colpisce direttamente un principio finora consolidato nella legge americana dalla ratifica del XIV Emendamento della Costituzione nel 1868, quando, subito dopo la Guerra Civile, si decise che chiunque nascesse sul suolo statunitense – a prescindere dal rango o dallo status dei genitori – sarebbe diventato cittadino degli Stati Uniti.

Nonostante il principio sia poi stato rafforzato da casi come quello di Wong Kim Ark nel 1898 (quando la Corte Suprema riconobbe la cittadinanza a un uomo nato a San Francisco da genitori cinesi), la nuova ordinanza di Trump prospetta una lettura più restrittiva.

L’ordine, che entrerà in vigore ufficialmente il 19 febbraio se non verrà prima bloccato da una corte federale, impedisce alle agenzie del governo federale di riconoscere la cittadinanza ai bambini nati da genitori non residenti permanenti o stranieri presenti illegalmente sul territorio americano.

Sulla base del nuovo ordine esecutivo, ad esempio, anche una donna in stato di gravidanza e priva di cittadinanza, pur vivendo vissuto negli Stati Uniti da oltre quindici anni e avendo in corso una pratica per un visto che potrebbe garantirle lo status permanente, vedrebbe negata al proprio futuro figlio la cittadinanza.

La decisione ha perciò immediatamente innescato una raffica di proteste e ricorsi: gli oppositori di questo ordine sostengono che la Costituzione sia inequivocabile, e che il XIV Emendamento, in quanto cardine dei diritti civili, non possa essere riscritto a colpi di decreti presidenziali.

Il primo a opporsi, in maniera simbolicamente rilevante, è stato il procuratore generale del New Jersey, Matt Platkin, il quale ha accusato Trump di comportarsi come un “re” invece che da presidente, sottolineando che nessun ordine esecutivo può sostituirsi a un Emendamento costituzionale.

Tra i firmatari del ricorso emergono poi figure con un forte legame personale alla questione, come William Tong, procuratore generale del Connecticut nonché primo cittadino americano di origine cinese eletto a ricoprire questa carica.

Tong, a cui è stata riconosciuta la cittadinanza americana proprio in virtù del XIV Emendamento, ha definito l’ordine di Trump come “un attacco diretto ai valori costituzionali”.

Critiche simili arrivano anche dalle organizzazioni per i diritti degli immigrati, tra cui diverse sezioni dell’ACLU (American Civil Liberties Union), che hanno presentato già ieri un’ulteriore esposto legale in New Hampshire.

Da parte sua, l’Amministrazione Trump difende invece la legittimità dell’atto ribadendo la necessità di ridefinire i parametri di accesso alla cittadinanza, anche per contrastare presunti abusi nell’ingresso e nella permanenza sul territorio statunitense.

Questo ordine è destinato ora a innescare un lungo scontro giudiziario, che lascerà il Paese sospeso per molti mesi tra i principi fissati dalla Costituzione e la stretta sull’immigrazione portata avanti dall’Amministrazione Trump, fino a quando, probabilmente, sarà la Corte Suprema ad avere la parola finale.

Focus America non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.